Alcune riflessioni sul mio primo corso di Art of Silence

 
All’inizio c’era un grande punto interrogativo. Appena arrivati a Bad Antogast ero molto contenta, lo ero già prima di partire, ma al tempo stesso non ero affatto tranquilla. Preoccupata ? O forse c’era anche un po’ di paura per quello che ci aspettava: la paura per il nuovo, per ciò che non si conosce ancora.
- Devo farlo questo corso. Pensavo. Quasi si trattasse di un dovere.
Cosa sono venuta a fare qui ?  Sì, il silenzio fa bene, non può che essere così. Ma era la mia prima esperienza e come tale mi stavo facendo molte domande in proposito. Troppe !
Pensavo: “meno male che il primo giorno si può ancora parlare, devo racimolare le idee per assicurarmi (!) di saper poi come fare, come comportarmi …
Ridicolo !  Questo lo dico ora, che siamo già al termine del secondo giorno di silenzio. In un giorno e mezzo di silenzio mi sembra di aver fatto una lunga strada, un po’ sdrucciola, a volte irta e faticosa.
Il tempo si è dilatato enormemente, come spesso accade nelle esperienze che ti toccano in profondità e ti inducono al cambiamento, e la sua percezione  è risultata diversa dall’ordinario.
Il primo giorno di silenzio è stato impegnativo, la sera ero stanchissima e avevo mal di testa. Come il giorno prima, quando ancora si poteva parlare e la stanchezza di fine giornata non era stata da meno, anzi.
In quel primo giorno di corso mi sono ritrovata a dovermi “mettere in gioco”, con-frontarmi con l’altro. Il “gioco” lo conoscevo, già sperimentato nel corso del Respiro. Speravo di non doverlo più ripetere (!), come un ostacolo ormai superato. Speravo in qualche altra nuova “prova” da affrontare.  Insomma, ero veramente fuori strada ! Un atteggiamento ancora molto lontano da quello che poi mi si sarebbe rivelato come più adeguato al lavoro del seminario.
Il balzo di comprensione è avvenuto quasi subito, in un tempo non più proporzionale a nulla. Non so quando si è compiuta la maturazione, forse nella notte, tra un sogno e l’altro, tra un’elaborazione e l’altra del mio inconscio ? Beh, poco importa saperlo. Il bello è proprio l’intuizione che improvvisamente ti arriva; ti si chiariscono, come d’incanto, alcune impressioni, che prima ritenevi consolidate.
E così ho compreso che quel “gioco” potrei ripeterlo infinite altre volte; ogni volta una cosa diversa. Perché tutto procede, nel corso della vita, e nulla si fissa indelebile nel tempo. Tu cambi e con te mutano le impressioni che accompagnano le tue esperienze.
Nell’esercizio di verbalizzazione in coppia mi sono ritrovata a definirmi con una certa qualità e al tempo stesso col suo opposto: una qualità negativa che con presunzione credevo di aver superato. Nell’esempio specifico si trattava dell’intolleranza. Ed è stata proprio l’esperienza successiva del silenzio che mi ha permesso di capire quanto ancora invece fossi ancorata a quell’aspetto “negativo” e quanto questo facesse parte di me.
Prenderne coscienza è stato un processo naturale di liberazione, favorito sicuramente dalle meditazioni svolte e dalle varie pratiche. Oggi, in una certa pratica, ho veramente sperimentato questo processo di distacco. E’ successo che in un contesto di forte stimolazione non ho più provato quel sentimento di intolleranza, sia a livello fisico che emotivo. La sensazione era come quella di qualcosa che ti passa accanto, o ti attraversa, senza però trascinarti via. Il tutto senza fatica né resistenza. E’ stata veramente una sorpresa per me !
 
A fine corso
Il Silenzio mi ha aiutato ad ascoltare. Ascoltare le preziose parole dell’insegnante. Ascoltare le parole non pronunciate, ma comunicate, dai compagni di corso.
Il Silenzio unisce.
Il Silenzio permette il raccoglimento e l’ascolto interiore
Il Silenzio ti concede il riposo.
Il Silenzio mi ha portato a gustare il canto, attraverso i bajans che con calore hanno ri-unito il gruppo, ogni sera.
Contrariamente alle mie supposizioni iniziali, alla fine, ho capito che un corso così lo puoi davvero ripetere: ogni volta è un nutrimento per l’anima.
Spero con tutto il cuore di poter tornare a Bad Antogast.
 
Emilia De Marchi, Torino